mercoledì, agosto 26, 2015

S.


Ovvero come un solo libro di carta, nell'era della conquista del mondo da parte degli (utilissimi) ebooks, riesce a far ricordare a tutti noi lettori di lungo corso il perche' li abbiamo amati e li amiamo cosi' tanto, i libri.

E lo fa al primo sguardo, appena liberiamo questo malloppone dalla sua elegante custodia nera - rompendo il sigillo di carta invecchiata che lo unisce alla custodia come un cordone ombellicale - ed apriamo a caso una delle sue pagine.
La carta ingiallita, il vecchio font, l'impaginazione antica, gli stampi della bibilioteca, le macchie di umido, una cartolina del brasile che scivola fuori da una pagina e una mappa disegnata su un fazzoletto di carta che spunta da un angolo...e poi le note.
Note che riempiono i bordi delle pagine, si rincorrono con frecce e asterischi, una fitta conversazione fra due persone che si dipana in diversi spazi temporali, sovrapposti ma fluidi, identificabili facilmente dai diversi colori delle penne.
E tu sei gia' conquistata.
10-15 secondi e l'unica cosa che vorrai fare per le prossime ore e' accoccolarti sul divano e sfogliare questo libro moderno che sembra arrivato direttamente dalla tua adolescenza, carico di misteri che aspettano solo di essre risolti.


S., prima di tutto e forse soprattutto, e' una gioia per gli occhi. Ti aspetti quasi di sentire quell'inconfondibile odore di libro vecchio, vissuto, sfogliato e spiegazzato da innumerevoli dita che avevano i libri della biblioteca scolastica. E' ipnotico, non puoi fare a meno di continuare a sfogliare a caso, con vecchie foto in bianco e nero o note scritte fitte su  fogli protocollo che minacciano di cadere da ogni parte.

Poi, ovviamente, inizi a leggere.
Come lo leggi? mi hanno gia' chiesto alcuni amici.
Beh, credo che anche questo sia volutamente lasciato alla decisione del lettore. Come leggevi le note in cui ti imbattevi nei libri in prestito? Dal punto diretto dove finiva la sottolineatura, arrivavi alla fine del paragrafo o ti leggevi tutta la pagina e poi le note?

S. e' un regalo agli amanti dei libri fatto da un amante dei libri (e della magia dentro ogni storia) e quindi ci lascia liberi di leggerlo come piu' vogliamo, di goderci a modo nostro e fino in fondo quest'esperienza che non sapevamo ci mancasse cosi' tanto.

In realta' e' chiaro che il libro un po' ti guida: sottilmente, attraverso il sovrapporsi delle note, lentamente dipana la seconda (o forse la principale?) storia raccontata in quelle pagine ingiallite. Ognuna di queste pagine sfogliate transmette il senso della scoperta su tanti livelli diversi ma interconnessi: dal mistero del passato racchiuso nelle parole battute a macchina al mistero di due persone che si aprono all'altro usando delle note a margine fino ancora al mistero in cui vengono trascinate, di nuovo e sempre da quel libro intorno a cui tutto gira.
(Si', a volte pure la mia testa).


S. e' un atto di amore incondizionato verso i libri. Raccoglie e ti trasmette l'essenza stessa del libro di carta, la sua caratteristica intrasmettibile all'ebook: quello di essere vivo, perche' vissuto.
Ogni nota scarabocchiata a margine, ogni sottolineatura, orecchia nell'angolo, macchia di caffe', ogni segno umano rende un libro unico, gli dona la sua personalita', gli regala un passato.
S. e' finto, lo, ma a volte si fa fatica a crederlo.

E adesso che cala la sera e sto per chiudere l'ufficio, l'unica cosa che ho in mente e' tornare a casa, accendere un fuoco ed accoccolarmi sul divano con il librone in grembo, pronta a farmi avvolgere dal mistero e stando attenta a non far scivolare via nessun biglietto nascosto tra le sue pagine.

martedì, agosto 11, 2015

La greenstone

I molti di voi che erano al nostro matrimonio (oddio, quasi 4 anni fa!), si ricorderanno le nostre collane fatte da un pendaglio di giada neozelandese. Quella dello stregone di forma allungata, a paletta, la mia arricciata come una treccia.

Sono dei gioielli speciali, ognuno con un significato preciso che affonda nella tradizione neozelandese.



E sono ancora piu' speciali perche' sono stati benedette dall'oceano, come vuole la cultura maori, e soprattutto ci sono stati regalati da persone che ci vogliono bene, la nostra ohana degli antipodi.

Ci accompagnano da quattro anni, io ormai non viaggio piu' senza la mia giada al collo. Sono un simbolo della nostra seconda patria.

Per questo ci tenevo molto a raccontarvi della giada neozelandese, il suo significato e la lunga tradizione che l'accompagna. L'ho fatto sul nostro blog sulla Nuova Zelanda, perche' E hoa mā, inā te ora o te tangata (Amici miei, questa è l'essenza della vita).

Dateci un'occhiata, se vi va di scoprire la greenstone e la sua storia antica.

PS.
Ieri sera, dopo aver scritto questo post negli ultimi 5 minuti in ufficio, ho chiuso tutto, mi sono infagottata nel piumino contro i venti del sud e sono andata a casa. Per trovare nella cassetta della posta, bagnata e sgualcita, una lettera dal ministero degli affari interni dove mi si diceva che la mia richiesta di cittadinanza era stata approvata. Sono una kiwi. Wow.
Ed oggi, sotto strati di maglioni, ho la mia greenstone al collo, a scaldarsi a contatto della mia pelle.

venerdì, agosto 07, 2015

Ohana vuol dire famiglia

"Ohana vuol dire famiglia.
Famiglia vuol dire che nessuno
viene lasciato indietro
o dimenticato"

E' uno dei pensieri ricorrenti di noi quaggiu', a voce non ce lo diciamo quasi mai, ma diventa palese quando succede qualcosa d'importante o semplicemente se ci fermiamo a pensarci su, come fa la Viviana in questo bellissimo post, a cui voglio allacciarmi per cercare di spiegare cosa sia questa nostra strana Ohana neozelandese.

Ohana vuol dire famiglia. Ma noi che siamo da questa parte del mondo la famiglia l'abbiamo lassu' lontana; il nostro piccolo gruppo di parenti ed amici che e' stato da sempre il nostro nido, il nostro punto di riferimeno, il nostro appiglio sicuro nei momenti di difficolta', adesso e' dall'altra parte di due oceani. E si', e' ovvio che ci siamo sempre gli uni per gli altri, che la nostalgia e la voglia di stare insieme sono ancora forti e luminose come un diamante dentro di noi, ma nella vita di ogni giorno, inutile negarlo, non possiamo essere totalmente presenti.

All'inizio una pensa che ce la puo' fare anche da sola; in due, poi, in teoria siamo gia' una piccolissima famiglia, chi ha bisogno degli altri? Gli altri pero', piano piano arrivano. E ti entrano sotto la pelle. Sono kiwi, sudafricani, europei...ed italiani. Ti rendi conto che - forse involontariamente o forse no - ti stai circondando di persone con cui vuoi condividere la tua vita, a cui ti affidi nei momenti di bisogno, con cui passi Pasqua e Natale. 
E' un tipo di amiciza particolare, che ti fa sentire tranquilla, protetta, parte di un qualcosa, in un posto che senti tuo solo da poco tempo.
 
Ed e' una sensazione ancora piu' forte se queste persone sono altri espatriati, molti di loro, ma non tutti, italiani come te. Ci riconosciamo nelle vicissitudini, nelle emozioni e nelle esperienze di queste persone un po' speciali, ci scegliamo a vicenda perche' stiamo bene insieme, come nelle amicizie piu' belle, ma piano piano il nostro rapporto diventa qualcosa di diverso, di collettivo. 
Fai un colloquio di lavoro? Mandi un sms a casa che leggeranno fra ore e poi chiami subito noi qui.
Ti ricoverano all'ospedale per una puntura di vespa? Chiedi aiuto a qualcuno di noi qui.
Il tuo ragazzo ti lascia? Ti affidi subito alle amiche qui. Poi ne parli anche alle altre, quando si svegliano, quando stai un po' meglio.


Ci consideriamo 'amci' - e siamo pure stupiti dall'essere riusciti a creare una rete cosi' forte di amicizia al di la' del mondo ed alla nostra eta' - ma la realta' e' che siamo qualcosa di piu' gli uni per gli altri: tutti siamo disposti a dare quel briciolo in piu', siamo disposti ad aprirci quella frazione in piu', a passare sopra alle piccole cose a fare l'extra mile, il passo in piu', per poterci vedere, stare insieme, supportarci a vicenda.
Vorremmo vivere in una corte, per passare le serate 'a veglia' nel cortile comune come facevano i nostri nonni.

La verita' alla fine e' semplice: siamo una famiglia. Una famiglia dispersa da Auckland a Dunedin. Una famiglia sgangherata, che si conosce poco ma si capisce tantissimo. Una famiglia che abbiamo deciso di creare dal nulla, di comune accordo. Surrogata, non comparabile all'originale, ma bella e preziosa.

Dove nessuno viene lasciato indietro o dimenticato.



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...