lunedì, maggio 24, 2010

Amala

Come si fa, dopo una notte (mattina qui...) come quella di Sabato, a non ritornare indietro di 28 anni, a quella bambina bionda nata da una famiglia juventina da generazioni che, mascotte di un torneo giovanile organizzato dal babbo, trovo' nella mano tesa e nel sorriso di un ragazzino neroazzurro il suo destino calcistico?
Era il 1982, l'anno dei Mundial di Pablito Rossi e l'anno in cui la Juve vinse lo scudetto grazie al suicidio della Roma a Lecce. La bambina bionda, juventina designata, doveva portare un cestino con dei mazzetti di fiori al centro del campo - il caro Porta Elisa - e distribuirli ai giocatori per la finale Torino - Inter del torneo Gabrielleschi under 16. Prima di entrare in campo il babbo le aveva detto che doveva tendere la mano ad un giocatore e quello l'avrebbe aiutata ad arrivare a centrocampo e lei ubbidiente e fiduciosa cosi' fece. Solo che tutti passavano e nessuno la degnava di uno sguardo. Quando gia' lacrime e terrore stavano affiorando, quel ragazzino moro con la maglia neroazzurra la vide, le sorrise e le prese la mano portandola con se' al centro.
Da allora la bambina inizio' ad amare l'Inter.
E come ci sfida il nostro inno, Pazza Inter, Amala...se ne hai il coraggio!
Per 18 anni, dall'ormai quasi leggendario scudetto del Trap fino a quello del 2007 (io personalmente quello a tavolino non lo considero vero) amarla e' stato soprattutto soffrire per lei, attraversando un inferno fatto di 5 maggio, di 0 a 6 nei derby, di sconfitte europee, di campioni che diventavano brocchi, di brocchi che tali rimanevano, di infortuni, episodi, di mille allenatori e spogliatoi indisciplinati...e tante tante prese in giro da parte di tutti gli altri tifosi...
l'essere interista per molti di noi e' diventato un stato mentale: per quanto le cose ti vadano male, rallegrati, potrebbero di sicuro andare molto peggio!
Dimessi, abbattuti, ironici ed autoironici per non mollare, forse un po' invidiosi, sempre un po' masochisti e decisamente pessimisti, alla fine tutto questo e' diventato il nostro orgoglio: essere interista in quegli anni e' stato come appartenere ad un gruppo elitario (e ristretto) di perdenti, si', ma soprattutto di perdutamente innamorati e disposti ogni anno a ricominciare, sperando nella vittoria e non dubitando nel disastro.
Poetico da ricordare, ma certo non cosi' simpatico da vivere, ve lo assicuro. Ma un grande amore e' anche questo, no? E questa, forse, come dice un Presidente dai grandi sogni e il grande cuore, e' anche la nostra forza.
Certo e' che se ogni limite ha la sua Pazienza, come recitava anni fa uno striscione in Curva Nord parafrasando il grande Toto', noi interisti abbiamo avuto quella piu' grossa, in termini calcistici...ma mai mai mai nella mia vita da tifosa mi sarei creduta che tutta la mia pazienza, tutto il mio amore e tutti quegli anni di sofferenza potessero essere ripagati con qualcosa non solo di altrettanto grande - quello gia' lo sono stati i quattro scudetti in fila, una sbornia di vittorie ancora difficile da credere - ma di ancora piu' incredibile, leggendario e fino a quest'anno inconcepibile: la Tripletta, scudetto-coppa italia-champions league, qualcosa che nessuna squadra italiana era mai riuscita ad aggiudicarsi.
Fino a sabato scorso.
Come nel miglior contrappasso dantesco la squadra piu' pazza, la piu' grande nelle sconfitte, adesso e' diventata la piu' grande nella vittoria, la prima e unica, per adesso, a raggiungere questo traguardo storico. Riusciremo a crederci davvero noi vecchi interisti?
Non staro' qui a raccontarvi una partita che probabilmente avrete visto e che altri raccontano molto meglio di me; ne' ad elencarvi i miei ringraziamenti ad una formazione che sicuramente verra' ripetuta a mente dai prossimi piccoli interisti per molto tempo, a partire da Capitan Zanetti e dall'inimitabile Uomo di Setubal.
Voglio solo ricordare una scena, vissuta con le lacrime che scendevano libere sulle mie guance cosi' come su quelle di migliaia di altri interisti, ed e' quando i giocatori sono andati a posare la Coppa, con i nastri neroazzurri appesi alle sue grandi orecchie, sul campo proprio sotto ai 20000 di Madrid che stavano facendo venir giu' il Santiago Bernabeu.
Quella Coppa l'abbiamo davvero vinta tutti noi, e da tempo.
Lo abbiamo dimostrato con una festa pazza, 10 ore di tripudio con un san siro gremito e festeggiante all'alba.
Sì,ce la meritiamo proprio.
E finalmente la bambina bionda sa che quel giorno da pecora nera, quando credendo di riconoscere alla tv in Altobelli in ragazzino che l'aveva presa per mano, proclamo' davanti alla famiglia stupita "Io da oggi sono Interista", beh, ne valeva la pena.




PS. Aldo, quanto ti saresti divertito quest'anno...ma magari te lo sei goduto lassu' in compagnia di Prisco e Facchetti,vero?



martedì, maggio 04, 2010

La Crema della Nonna

Oggi una ricetta veloce veloce, soprattutto perchè l'ho segnata su un fogliettino volante mentre la nonna me la dettava da skype...anzi,più che altro me la raccontava di malavoglia, la nonna non è famosa per dar via volentieri le sue ricette...e se non la posto qui sono sicurissima che andrà persa insieme all'infido fogliettino.
Cosa ci vuole per cucinare la crema smodatamente buona della nonna?
da quel che ho capito io ci vuole la nonna.
O in alternativa una bella dose di fortuna, ma di quella con la C maiuscola...
quindi il primo passo è, ovviamente, prendere un bicchierino, versarci un discreto dito di rum e...berselo!
Poi si continua prendendo 3 tuorli d'uovo e sbattendoli con 3 cucchiai grandi di zucchero fino ad ottenere il bel composto spumoso.
Si aggiungono al composto 3 tazzine da caffè di latte e un baccello di vaniglia (o un po' di essenza di vaniglia) e si mescola il tutto finchè gli ingredienti non sono ben amalgamati.
E qui iniziano i problemi: infatti il prossimo passo è versare il composto in un tegamino e metterlo a cuocere a fuoco lento mescolandolo continuamente finchè non si addensa lievemente (questa ricetta, che non prevede farina, fa ottenere una crema piuttosto liquida).
Non deve MAI raggiungere il punto di ebollizione, altrimenti la crema impazzisce, i suoi ingredienti si separano e si aggrumano e non ci resta che buttare via tutto e ricominciare...cosa che mi è capitata più di una volta!
Dai miei esperimenti ho scoperto però che la crema risulta migliore se la si cuoce alternando momenti di fuoco medio-vivace a momenti fuori dal fuoco (il ripiano di granito in cucina della mamma è l'ideale), ma non so se oserei dirlo a voce alta ad uno chef, nè tantomeno alla nonna!
Come accennavo sopra, questa crema deve risultare piuttosto liquida e si può usare in una miriade di desserts: si può gustare da sola, magari 'zuppandoci' dei biscottini (io ci adoro le lingue di gatto), è un fantastico accompagnamento per dolci un po' mallopposi, tipo panettoni, buccellati ecc... (i lucchesi mi capiscono) ed è pure ottima per le farciture di torte, crostate e compagnia bella..a proposito, io l'ho usata nella crostata di mele e rabarbaro, uno spettacolo!
(appena ho tempo posto anche quella ricetta)
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