mercoledì, febbraio 18, 2015

Marta

Marta e' la professoressa universitaria che mi diede 29 ad un esame perche' pur sapendo tutto, lo esponevo troppo in fretta. (L'unica che non si sia mai fatta fregare dalla mia infallibile tecnica del supercalifragilistichespiralidoso)
Marta e' stata la relatrice di tesi piu' preparata e disponibile che qualcuno possa mai avere.
Marta, spero, e' diventata un'amica, anche se la vita ed i chilometri ci hanno poi allontanate.

Marta mi ha regalato uno degli insegnamenti piu' grossi nella mia vita.

E' stata la prima persona che mi abbia mai offerto un lavoro pagato. E se n'e' pure scusata.
Perche' nonostante per me 2000 euro in 4 mesi per digitalizzare una mappa geomorfologica fossero tipo una sorta di miracolo caduto dal cielo, lei sapeva che erano una forma di sfruttamento del lavoro qualificato.
Ma a differenza di tutti gli altri, lei te lo diceva in faccia: che i soldi erano quelli, ma che erano pochi per il lavoro richiesto e che dovevo prenderla tranquilla, non venire tutti i giorni e lavorare da casa ogni volta che volessi.

E' stata la prima persona che mi abbia mai detto che il mio lavoro vale e non dovrei mai svenderlo solo per paura di perdere un contratto. Solo che allora, in quello strato epifitico di giungla tropicale che e' il mondo del lavoro per neolaureati in Italia, io non potevo capire cosa intendesse. Pensavo che i giovani come me non si potessero permettere il lusso di credere che il lavoro dovrebbe essere ricompensato giustamente, sempre.


Cosi' Marta decise di darmi un altro bello strattone, per svegliarmi in tempo e darmi la possibilita' di una strada diversa e piu' realizzante.
Dopo quasi un anno che lavoravo col suo gruppo all'universita', era arrivato il momento di trovare i candidati per il dottorato. Quell'anno pareva proprio che la borsa di studio toccasse a noi e quindi io speravo tantissimo che scegliessero me come candidato da appoggiare.
Cosi' quando un pomeriggio Marta mi chiamo' nel suo ufficio, mi avviai contenta percorrendo i corridoi pieni di libri e polvere del polo naturalistico, totalmente ignara che di li' a poco la mia vita sarebbe cambiata.

Marta mi disse, come aspettavo, che si', quell'anno avrebbero in effetti preso un nuovo dottorando e che tutti erano d'accordo nel candidare me, se accettavo. Che la mia presenza nel gruppo era positiva e le mie doti riconosciute ed apprezzate. Che lei personalmente non avrebbe visto l'ora di lavorare con me.
Io, come potrete immaginare, ero al settimo cielo. Aspettavo giusto la fine del suo discorso per dirle "si', accetto! grazie mille, iniziamo subito a lavorarci su!". Probabilmente stavo battendo il piede sul pavimento al ritmo con il mio cuore.

Poi Marta fa una pausa, mi guarda e continua dicendo che quello era il discorso ufficiale che doveva farmi da docente, ma vorrebbe aggiungere un consiglio suo, dato questa volta nei panni dell'amica.
Io le dico che certo, sicuramente, i suoi consigli sono sempre preziosi.
E lei mi guarda di nuovo, con quegli occhi vivi ed intelligenti che sembrano leggerti dentro, e mi fa:
"Non accettare. Non fare il dottorato con noi, non abbiamo i soldi necessari per garantirti qualche prospettiva dopo i tre anni. Tu puoi fare di meglio da sola, vai nel privato. E magari lascia l'Italia. Che la' fuori e' pieno di opportunita' per persone che sanno fare il loro lavoro."

Li' per li' ci rimasi di sasso.

Rimanemmo d'accordo che sul dottorato ci avrei pensato su un paio di giorni e le avrei fatto sapere.
Ci pensai, non immaginate neppure quanto. Era stupido rifiutare, no? Ma quelle parole cosi' sincere e soprattutto cosi' vere non uscivano dalla mia testa (e non ci sono piu' uscite, sembrerebbe).
Alla fine decisi di fidarmi di lei ancora un'ultima volta.

E tutto quello che e' successo dopo e' partito da li', da un consiglio prezioso dato da un'amica un pomeriggio afoso di tanti anni fa.

Grazie di cuore, Marta.

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