mercoledì, luglio 22, 2015

Distractingly Sexy!

Con tipo un mesetto di ritardo, ma arrivo anche io a dire la mia sull'argomento.
Come spero tutti sappiate, il premio nobel Tim Hunt durante un discorso ad una cena di una conferenza se ne esce con questa simpaticissima (ma proprio tanto eh) battuta su cosa accade se ci sono donne nei laboratori:

“Let me tell you about my trouble with girls. ‘Three things happen when they are in the lab. You fall in love with them, they fall in love with you, and when you criticise them, they cry.”

"Fatemi raccontare dei miei problemi con le donne. Tre cose accadono quando ci sono donne in un laboratorio: ti innamori di loro, loro si innamorano di te e quando le critichi, loro piangono."

Ovviamente non mi metto neppure a discutere quanto possa essere fuori luogo un commento del genere, anche (o soprattutto?) se scherzoso, da parte di una figura scientifica prominente. Basta spulciare un paio di statistiche fornite da Google per vedere che le donne nel mondo della ricerca rappresentano solo il 12% dei ricercatori, vengono pagate meno e hanno piu' difficolta' a fare carriera: un terzo dei dottorandi sono donne ma solo 1 su 10 diventa professore universitario.

Insomma, Tim, tesoro, sei stato un bel pirla e ti meriti il ciclone mediatico che si e' creato intorno a te. Fra l'altro un ciclone bellissimo, cavalcato con grande ironia dalle ricercatrici stesse, che hanno coniato il fantastico ashtag #distractinglysexy e si sono messe a postare foto di loro al lavoro e di quanto in effetti possano essere sexy quando indossano una tuta isolante o hanno passato la notte a controllare un sismografo.
E' quando succedono cose del genere che adoro la rete, e la parte geniale dell'umanita' che sa prenderla con quella giusta dose di sarcasmo ed ironia. Il video qui sotto e' solo uno dei tanti che raccolgono un po' di quelle foto e mini video che hanno invaso la rete un mesetto fa:


Detto questo, pero', vorrei soffermarmi su quelle parole e su come sono state interpretate da tutti - all'inizio me compresa.
La prima cosa che salta agli occhi e che da' subito noia e' ovviamente la parte del fatto che uomini + donne a stretto contatto = innamoramento. Un commento di un sessista che scansiamoci tutti.
Passi tante ore insieme, hai probabilmente diverse cose in comune, beh, ci sta che ti innamori.
Come puo' succedere ovunque.
Perche' questo dev'essere un problema? Stara' un po' a te vedere se e' il caso di contenerti o no, come accade tipo in qualsiasi altro ambiente sociale: uffici, classi, palestre, facebook.
Quindi ovviamente la protesta maggiore e le foto migliori, nonche' lo stesso ashtag, si sono focalizzate su questa parte, che in effetti si colloca bene sulla via che potrebbe finire col famoso "se l'era cercata".

Ma a me, sinceramente, fa molta tristezza anche la seconda parte ed il modo in cui e' stata interpretata da tutte. "Se le critichi, loro piangono".
La mia prima reazione, allineata a quella del resto del mondo femminile, e' stato un bel vaffa. Noi mettiamo al mondo figlioli e sanguiniamo copiosamente una volta al mese, secondo te siamo cosi' deboli da piangerci addosso se qualcuno ci critica? E varie altre versioni sulla stessa linea: noi donne non siamo fragili e piagnone, sappiamo sopprtare le critiche, abbiamo piu' coglioni di voi (perche' spesso ce ne servono di piu') etc.

Beh, fatemelo dire. Questo discorso e' totalmente, incredibilmente e disperatamente sbagliato.
E' una delle cose che ti fa capire quanto ancora il mondo del lavoro sia lontano da una vera e propria parita' fra i sessi. Perche' noi tutti, uomini e donne, stiamo ancora crescendo in una cultura in cui l'ambiente lavorativo e' maschile. Anche in settori pieni di donne. E non lo e' solo per i fatti elencati prima: meno posti di lavoro, stipendi piu' bassi, difficolta' di far carriera. Questi sono dati macroscopici, chiari a tutti e a cui si puo' cercare di trovare rimedio.

Mentre e' molto piu' difficile trovare un rimedio per il pregiudizio inconscio che deriva dalla cultura in cui cresciamo. Ed questa cosa delle lacrime ne e' un esempio lampante:
Ditemi, cosa c'e' veramente di sbagliato se si reagisce ad una critica piangendo?
Sinceramente, perche' vi da' noia se una collega (o un collega) vi scoppia a piangere in ufficio dopo che l'hanno criticata?
Tu tieni al tuo lavoro, fai uno sbaglio, ricevi una critica - magari dura - e ti sfoghi da tutta la frustrazione e l'imbarazzo scoppiando a piangere. E' una cosa liberatoria, ti aiuta ad esternare emozioni brutte invece di interiorizzarle e soffrire e dopo magari ti senti meglio e pronta ad aggiustare la cosa.
Perche' invece viene visto come un problema (da parte di un uomo) o un'offesa (da parte di tutte le altre donne)?

Perche' e' un comportamento tipicamente femminile, stereotipato sulla più classica damigella in difficoltà, generalmente difficile da gestire - soprattutto da parte degli uomini, ma anche di molte donne - e quindi visto come una debolezza ed un'interruzione della normalita'.
Con la conseguenza di essere vissuto con disagio e quindi inconsapevolmente condannato da tutti come qualcosa di cui vergognarsi.

Ecco, finche' questo continua ad accadere, finche' le donne si dovranno, spesso incosciamente, travestire da uomini sul lavoro, non potremo mai avere una vera parita' nel mondo lavorativo, continuando a perdere quelli che io penso siano i benefici enormi dati dal poter finalmente creare una simbiosi tra il modo di pensare, agire e vivere maschile e quello femminile.

Ma come si cambia un modo di pensare così radicato anche nei paesi più all'avanguardia per i diritti sociali?
E quante generazioni ci vorranno ancora per cambiare tutto questo, ammesso che davvero si riesca a cambiare?




lunedì, luglio 06, 2015

Papaveri e Papere, ovvero l'intervista della sottoscritta all'ambasciatore italiano.

Era inevitabile che prima o poi lo stare per la maggior parte dell'anno a testa in giu' facesse confluire troppo sangue alla testa.

Testa che di conseguenza si ritrova a concepire le idee piu' assurde, specie quando si consulta con altre mirabili teste affette dalla stessa patologia.

Capiteci, non e' colpa nostra, e' colpa della gravita' (alla rovescia)!

Percio' ecco che in una bella domenica di sole, decido di giocare alla giornalista e mi ritrovo - con tanto di assistenza audiovideo professionale - in ambasciata a Wellington a fare due chiacchiere con Carmelo Barbarello, l'ambasciatore italiano in NZ.

Scherzi a parte, l'intervista venuta fuori e' carina ed interessante, sia per noi lontani sia per voi lassu', grazie alla disponibilita' dell'ambasciatore a rispondere anche a domande sulla sua vita privata.
Se vi va di perdere una mezz'oretta di tempo e guardarvela, cliccate sul link sotto la foto!




giovedì, luglio 02, 2015

Vita a km 0

Una delle cose che io adoro di questa isola sperduta in fondo al pacifico che e' la Nuova Zelanda  paradossalmente e' spesso uno dei problemi maggiori degli italiani quaggiu', ovvero il fatto che qui il concetto di cibo a km 0 non e' una bella idea, piu' teorica che pratica, che cerca di prendere piede in un mondo dove tutto e' a portata di mano. Al contrario, qui e' una realta' accettata e praticata probabilmente da sempre.

Il motivo? E' semplicissimo: quando ti trovi lontano (assai) dagli altri grossi mercati, la frutta e la verdura non di stagione viene a costarti un occhio della testa, anche considerando solo spedizione e dogane varie. Percio' spesso ti ritrovi a fissare le zucchine nei supermercati che arrivano a costare fino a 19 dollari nz (circa 11 euro) al chilo in inverno; e gia' ti va bene, perche' altri prodotti 'meno comuni' non ci arrivano proprio sugli scaffali quando non e' la loro stagione.
Poi pero' nello scaffale accanto hai cavolo e broccoli che ti devi scansare altrimenti te li tirano dietro.

Allora tu che fai? Beh, impari ad arrangiarti con le verdure in stagione.

E se all'inizio e' difficile abituarsi a non avere tutto e subito a disposizione come succedeva in Italia, poi diventa bello, naturale e quasi un gioco: oh guarda, sono arrivati i topinambur, dai che tra pochi mesi e' stagione di carciofi, vedrai che a giorni ci sono gli asparagi, dai, inventiamoci ancora una nuova ricetta con il cavolo nero dell'orto! 

E' strano riscoprire quanto sia piacevole di vivere in un posto dove devi aspettare la stagione giusta per gustarti un particolare frutto o una verdura. Sara' anche un vecchio luogo comune, ma il dover attendere per qualcosa la rende un pochino piu' speciale, giuro che mi son quasi ritrovata a far gli occhi dolci ad una busta di cavoletti di Bruxelles! 

In piccolo, molto piccolo, e' come se la mia vita quotidiana da occidentale viziata abbia subito un rallentamento, anzi no, un cambio di ritmo: grazie alla permanenza su questo scoglio abbandonato in mezzo al mare mi sono dovuta adattare di nuovo al susseguirsi delle stagioni ed ho subito tutto il fascino del cambiamento ciclico, lento ma costante, del nostro pianeta....insomma, chi l'averebbe mai detto che pomodori, melanzane, fragole, mele e cachi avessero una storia cosi' affascinante da raccontarmi?

( Piatto del momento: pure' di topinambur con cavolo nero e cavolo cinese dall'orto saltati in padella. E sopra una bella salsiccia toscana del mio butcher di fiducia, che non ci sfigura mai, in nessuna stagione!)
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